La Nascita del Counsel Coaching Strategico
Il Counsel Coaching Strategico è un modello di intervento non clinico ideato da Maria Cristina Nardone. Questo approccio nasce dalla sua lunga esperienza e dalla profonda assimilazione del Modello Strategico Breve, sviluppato dal fratello Giorgio Nardone e dal mentore Paul Watzlawick presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo.
Maria Cristina Nardone ha lavorato per oltre tre decenni al fianco di Giorgio Nardone, contribuendo a diffondere e applicare la Terapia Breve Strategica in ambito clinico. Durante questo percorso, ha intuito la possibilità di trasporre la logica e gli strumenti di questo modello a problematiche che, pur non essendo patologie, causano profondo disagio in contesti non clinici. Ha notato come molte persone non necessitassero di una vera e propria terapia, ma di un supporto mirato per superare blocchi personali, relazionali e professionali.
La Transizione dalla Terapia al Coaching
Il passaggio dalla terapia al coaching non è stato un semplice adattamento, ma una vera e propria innovazione metodologica. Maria Cristina Nardone ha mantenuto l’essenza del Modello Strategico Breve—il Problem Solving Strategico—ma lo ha ridefinito per il contesto del coaching. Mentre la terapia si occupa di problemi clinici, il coaching strategico si concentra sul miglioramento delle performance e sul raggiungimento di obiettivi concreti.
Il suo lavoro si basa sull’idea che ogni difficoltà è il risultato di una “tentata soluzione” che, invece di risolvere il problema, lo mantiene o lo peggiora. Il suo compito, in qualità di counselor e coach, non è quello di analizzare il passato o di indagare le cause profonde del disagio, ma di aiutare il cliente a comprendere le sue “tentate soluzioni” disfunzionali e a sostituirle con nuove strategie efficaci. Questo approccio si concentra sul “come” superare un ostacolo, anziché sul “perché” si è creato.
I Pilastri del Modello: Watzlawick e Nardone
Il Counsel Coaching Strategico poggia su fondamenta teoriche solide, in particolare sul lavoro di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone.
- Paul Watzlawick e la Scuola di Palo Alto hanno rivoluzionato la psicologia con l’approccio sistemico, sostenendo che i problemi non esistono solo all’interno dell’individuo, ma sono il risultato di interazioni disfunzionali. Watzlawick ha introdotto il concetto di “tentate soluzioni” e ha sottolineato l’importanza di cambiare la “logica del problema” per risolverlo. L’influenza di Watzlawick sul lavoro di Maria Cristina Nardone è evidente nella focalizzazione sul sistema di interazioni del cliente e sul superamento della “logica comune” che spesso impedisce il cambiamento.
- Giorgio Nardone ha sistematizzato e reso operativo il Modello Strategico Breve, creando protocolli specifici per trattare diverse tipologie di problemi. La sua influenza sul lavoro di Maria Cristina Nardone è fondamentale: lei ha applicato la rigorosa metodologia del fratello ai contesti non clinici, adattando gli strumenti e le tecniche per affrontare sfide che vanno dalla gestione delle relazioni al raggiungimento di obiettivi professionali o sportivi.
In sintesi, il modello di Maria Cristina Nardone unisce la logica sistemica e pragmatica di Watzlawick e Giorgio Nardone con una prospettiva mirata al potenziamento delle risorse personali. Il suo obiettivo non è solo risolvere problemi, ma anche rendere il cliente autonomo, capace di affrontare le future sfide con un approccio strategico e proattivo.
I PUNTI CHIAVE DEL MODELLO (dal Problem Solving Strategico)
Il Problem Solving Strategico Breve, sviluppato da Giorgio Nardone, è una metodologia rigorosa e pragmatica per la soluzione di problemi complessi. Non si focalizza sul “perché” un problema esiste, ma sul “come” funziona nel presente e sul “come” può essere risolto. Il processo si articola in cinque passaggi fondamentali.
1. Definire il Problema
Il primo passo consiste nel definire in modo preciso e dettagliato il problema, identificando chi ne è coinvolto, dove, quando e con quale frequenza si manifesta. Una definizione chiara e circoscritta evita di disperdersi in astrazioni e generalizzazioni, rendendo il problema più gestibile. Spesso, ciò che sembra un unico grande problema è in realtà una concatenazione di piccoli problemi interdipendenti.
2. Identificare le Tentate Soluzioni Disfunzionali
Questo è il cuore del modello. Si analizzano tutte le azioni e i tentativi messi in atto per risolvere il problema. L’assunto fondamentale è che, se il problema persiste, la soluzione tentata è in realtà la causa del suo mantenimento o del suo peggioramento. Ad esempio, una persona che ha paura di parlare in pubblico e cerca di evitarlo, rafforza involontariamente la sua fobia.
3. L’Obiettivo Ideale
Si definisce con precisione l’obiettivo finale, ovvero come sarebbe la realtà una volta che il problema fosse risolto. Nardone utilizza la tecnica dello “scenario oltre il problema”: si chiede al cliente di immaginare in dettaglio il futuro senza il problema. Questo non solo rende l’obiettivo più tangibile e motivante, ma aiuta anche a individuare i primi piccoli passi da compiere.
4. La Strategia
Si passa all’azione. Basandosi sulla definizione del problema, sulle tentate soluzioni e sull’obiettivo, si elabora una strategia su misura. Questo passaggio include l’applicazione di tecniche specifiche, note come “manovre strategiche”, che interrompono il circolo vizioso delle tentate soluzioni. Ad esempio, se una persona ha paura di volare, la strategia potrebbe prevedere una serie di piccoli passi graduali per affrontare la paura, anziché evitarla.
5. Valutare e Correggere il Percorso
Il processo è dinamico e iterativo. Dopo aver applicato la strategia, si valuta l’efficacia delle azioni intraprese. Se un’azione non produce il risultato desiderato, viene modificata o sostituita. L’approccio è di tipo “trial-and-error” guidato, dove ogni passo falso fornisce informazioni preziose per l’aggiustamento del tiro. Questo garantisce che la soluzione si adatti costantemente alla realtà del problema e del cliente.