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Come educatore cinofilo comportamentale e counsel coach, mi trovo spesso di fronte a proprietari di cani esasperati dall’abbaio compulsivo dei loro amici a quattro zampe. Immaginate la scena: siete nel vostro giardino, un’oasi di tranquillità, ma non appena un altro cane o una persona transita al di là della recinzione, il vostro fedele compagno si lancia in una sequenza incessante di guaiti. Un’orchestra cacofonica che disturba la quiete e, diciamocelo, mette a dura prova la vostra pazienza.
La reazione più istintiva, quella che spesso sento raccontare, è un misto di frustrazione e un tentativo immediato di sopprimere il comportamento: “Basta!“, “Silenzio!“, magari accompagnato da un tono di voce severo o, peggio ancora, da una punizione. Ma fermiamoci un attimo a riflettere: questo abbaio ossessivo è davvero un atto di pura “disobbedienza” che merita una reprimenda diretta?
💡 La mia esperienza, guidata dai principi del modello breve strategico di Maria Cristina Nardone, mi porta a considerare l’abbaio compulsivo sotto una luce diversa. Non come un capriccio da domare con la forza, ma come un sintomo, l’espressione di un disagio più profondo. Quel susseguirsi di “bau” carichi di ansia e frustrazione rivela un bisogno inespresso, un’emozione intensa che il cane non sa come gestire altrimenti. Vedere un simile, o un estraneo, al di là del confine del suo territorio percepito innesca una reazione di allerta, certo, ma quando questa si trasforma in un’ossessione, in un loop comportamentale auto-alimentante, ci troviamo di fronte a qualcosa di più complesso.
🎯 Il modello breve strategico di Maria Cristina Nardone ci insegna che spesso la soluzione non risiede nell’affrontare direttamente il problema nel modo in cui ci appare logicamente, ma nell’agire sulla sua dinamica, sulla sua “struttura“. Invece di concentrarci sul “non fare” (non abbaiare), ci focalizziamo sul “cosa fare” per incanalare diversamente l’energia e l’emozione del cane.
✨ Ecco allora che entra in gioco una strategia controintuitiva, un approccio che mira a “sorprendere” il sistema percettivo del cane, a fargli sperimentare una realtà diversa da quella che si aspetta. Invece di punire l’abbaio, potremmo, ad esempio, intercettare la sua eccitazione nel momento in cui inizia a manifestarsi alla vista dello stimolo esterno. Non con un “no” secco, ma con un’azione che lo spiazzi, che catturi la sua attenzione in modo inaspettato.
Immaginate di notare il vostro cane irrigidirsi, pronto all’abbaio alla vista del vicino che passeggia. Invece di urlare, potreste:
L’obiettivo non è distrarlo momentaneamente, ma creare un’associazione nuova e potente. La presenza dello stimolo esterno (l’altro cane, la persona) non sarà più il preludio all’eccitazione e all’abbaio frustrante, ma l’annuncio di qualcosa di piacevole che richiede la vostra interazione e, di conseguenza, un comportamento diverso.
Possiamo anche lavorare sulla “prevedibilità” dell’evento scatenante. Se sappiamo che a una certa ora passano altri cani, potremmo:
L’attenzione del cane sarà focalizzata su di noi, sulla relazione, e lo stimolo esterno diventerà uno sfondo meno rilevante.
🔑 La chiave di volta di questo approccio strategico risiede nel comprendere la “tentata soluzione” che il cane mette in atto (l’abbaio) e nell’interrompere il circolo vizioso che la alimenta. Punire l’abbaio spesso non fa altro che aumentare la frustrazione e l’ansia del cane, portandolo magari a manifestare il disagio in altri modi o a intensificare l’abbaio stesso in momenti di minore controllo da parte nostra.
✨ L’approccio strategico, al contrario, si basa sull’idea di “aggirare l’ostacolo” invece di affrontarlo frontalmente. Si tratta di creare delle “interruzioni di schema” che portino il cane a sperimentare risposte emotive e comportamentali differenti. Il cane, sentendosi compreso nel suo disagio (anche se non verbalmente, ma attraverso le nostre azioni), sarà più propenso a esplorare nuove modalità di interazione con l’ambiente.
In sintesi, risolvere l’abbaio compulsivo non significa “zittire” il cane, ma offrirgli un nuovo linguaggio, un modo più efficace per comunicare il suo stato emotivo e per interagire con gli stimoli esterni. Attraverso strategie mirate e controintuitive, basate sulla comprensione della dinamica del problema e sull’utilizzo di “leve” specifiche, possiamo trasformare un comportamento ossessivo in una risposta più equilibrata e serena, rafforzando al contempo il legame di fiducia tra noi e il nostro fedele amico. Il potere del modello breve strategico di Maria Cristina Nardone risiede proprio in questa capacità di generare cambiamenti significativi attraverso interventi mirati e apparentemente paradossali, capaci di sbloccare situazioni che sembravano irrisolvibili. 🐾
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